La Madonna dai capelli sciolti

La Madonna dai capelli sciolti – Quando i “fratelli“, i “nudi”, hanno tolto alla statua del Gagini le corone dalle teste della Madonna e del Bambinello ho subito pensato che fosse per una questione di stabilità. Le corone sarebbero potute cadere nel tragitto che la statua compie dall’altare verso la “vara”, mentre la chiesa – gremita – intona un canto dedicato proprio alla Madonna dell’Udienza e al suo miracolo. Due ore di preghiere, misteri, canti, mentre la statua percorre quei circa venti metri di binario. Tutto, insomma, nella norma di una delle tante feste dedicate alla Madonna nel mese mariano. Io però sono ormai mediterranea, italiana sì, ma anche altro.

E in tutta questa lunga cerimonia una cosa mi ha colpito. Dopo aver tolto le corone alla statua, i “nudi” hanno coperto le loro teste con un velo candido. Le teste non dovevano andare a capo scoperto. Soprattutto quello della Madonna che, a guardarla da vicino, ha i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, sino alla cintola. Lunghi capelli d’oro, mossi, quasi ricci. Un caso non frequente, mi dicono gli esperti di Sambuca, una statua del Cinquecento in cui la Madonna non è velata. Non potevo non legare quei capelli sciolti a quel simbolo del velo che ora viene usato soltanto per isolare le donne musulmane in un recinto culturale proprio, quando invece noi di quel recinto culturale facciano parte integrante. Era sconveniente – anno 2010 – che la Madonna scendesse dall’altare a capo scoperto.

Talvolta dovremmo riflettere su noi stessi, invece di fustigare gli altri. Intendiamoci, io credo che la Madonna dell’Udienza debba continuare ad avere quel velo candido, mentre scende dalla teca circondata di rose. Per la tradizione, per quell’afflato che si sentiva dentro la chiesa, tra persone di tradizioni politiche diverse, tra credenti, agnostici e atei riuniti assieme attorno a un simbolo non solo sacro, ma anche prosaico.

Tra i portatori della Madonna, ci sono molti. appartenenti a quella tradizione comunista che aveva fatto conoscere Sambuca come la “piccola Mosca” di Sicilia. Il comune in cui il voto al PCI superava qualsiasi aspettativa, il luogo dove le strade portano ancora i nomi dei comunisti importanti, via Berlinguer, via Gramsci, accanto a via Progresso, a via Nenni, a piazza Che Guevara… Difficile, insomma, descrivere il Palio dell’Udienza come una delle tipiche feste devozionali italiane, dell’Italia bigotta e iper provinciale. Piuttosto, quella festa è ormai una delle poche occasioni in cui il paese si sente tale, e si riappropria in modo comunitario e a piedi del lungo corso, delle stradine del borgo a impianto islamico attorno alla vecchia fortezza trasformata in Matrice, delle piazze e piazzette.

Le case si aprono di nuovo: i portoncini sul marciapiede sono socchiusi, perché la gente possa entrare, nel cuore della notte, e mangiare e bere qualcosa, nelle lunghe soste della processione. Il giorno dopo, mentre il paese sonnecchia, i petali sono ancora per strada. Petali di rosa, gettati sulla Madonna, ricoperta dell’oro degli ex voto.

La Madonna, alle sette della mattina, è rientrata in chiesa. Mano a mano, i sambucesi arrivano, alla spicciolata, perché all’ora di pranzo la Madonna risale nella sua teca, di nuovo ricoperta da un velo candido. E a vederla, mentre risale, ci sono proprio tutti. Anche quelli che in chiesa non ci vanno mai. Anche le rumene di rito ortodosso che assistono gli anziani del paese. Anche i maghrebini che la Madonna la rispettano come i cristiani: la madre di Gesù immortalata come modello femminile nella sura XIX del Corano. Perché la Madonna è uno dei simboli, forse il simbolo del paese, oltre la fede.

Paola Caridi


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