INFERNO – Canto II

Dante, uscito dalla selva del peccato, aveva iniziato l’ascesa del colle all’alba. Al tramonto dello stesso giorno egli si sente assalito da dubbi: per quale suo merito particolare è stato prescelto a visitare da vivo il regno dei morti? Due soli altri esseri viventi erano scesi nell’oltretomba in carne ed ossa: Enea e San Paolo. Ma essi erano stati destinati da Dio a porre in terra le fondamenta della società umana, rispettivamente nell’ordine temporale e in quello spirituale: il primo in quanto capostipite dei Romani, il secondo in quanto propagatore ed organizzatore del Cristianesimo.
Per dissipare queste perplessità Virgilio gli spiega i motivi che lo hanno indotto a venire in suo soccorso. Tre donne benedette hanno avuto compassione di Dante in cielo: la Vergine Maria ha raccomandato la salvezza del Poeta a Lucia, la quale a sua volta ha esortato Beatrice a sottrarlo al mortale pericolo in cui si trovava. Le accorate parole e la sovrumana bellezza della beata, discesa ad implorarlo, hanno reso il poeta latino impaziente di obbedirle.
Al nome della donna amata in gioventù Dante si rianima, non diversamente dai fiori all’alba, e, senza più esitazioni, segue Virgilio nel difficile cammino verso la porta del l’inferno.

 

 

 

 

1 – Lo giorno se n’andava, e l’aere bruno
toglieva li animai che sono in terra
dalle fatiche loro; e io sol uno
.
4 – m’apparecchiava a sostener la guerra    
sì del cammino e sì della pietate,
che ritrarrà la mente che non erra.
.
7 – O muse, o alto ingegno, or m’aiutate;
o mente che scrivesti ciò ch’io vidi,
qui si parrà la tua nobilitate.

.10 – Io cominciai: «Poeta che mi guidi,
guarda la mia virtù s’ell’è possente,
prima ch’all’alto passo tu mi fidi.
.
13 – Tu dici che di Silvio il parente,
corruttibile ancora, ed immortale
secolo andò, e fu sensibilmente.
.
16 – Però, se l’avversario d’ogni male
cortese i fu, pensando l’alto effetto,
ch’uscir dove di lui e ‘l chi e ‘l quale,


.

 

 

19 – non pare indegno ad omo d’intelletto;
ch’è fu dell’alma Roma e di suo impero
nell’empireo ciel per padre eletto:
.
22 – la quale e ‘i quale, a voler dir lo vero,
fu stabilità per lo loco santo
u’ siede il successore del maggior Piero.
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25 – Per questa andata onde li dai tu vanto,,
intese cose che furono cagione
di sua vittoria e del papale ammanto.
.
28 – Andavi poi lo Vas d’elezione,,
per recarne conforto a quella fede
ch’è principio alla via di salvazione.
.
31 – Ma io perché venirvi? o chi ‘l concede?,
io non Enea, io non Paulo sono:
me degno a ciò né io né altri crede.
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34 – Per che, se del venire io m’abbandono,
temo che la venuta non sia folle:
se’ savio; intendi me ch’ i non ragiono».
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37 – E qual è quei che disvuoi ciò che volle
e che per novi pensare cangia proposta,
si che dal cominciar tutto si tolle,
.
40 – tal mi fec’io in quella oscura costa,
perché, pensando, consumai la ‘mpresa
che fu nel cominciar cotando tosta.
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43 – «S’i’ ho ben la tua parola intesa»
rispose del magnanimo quell’ombra,
«l’anima tua è da viltade offesa;
.
46 – la qual molte fiate l’uomo ingombra
si che d’onrata impresa lo rivolve,
come falso veder bestia quand’ombra.
.
49 – Da questa tema acciò che tu ti solve,
dirotti perch’io venni e quel ch’io ‘ntesi,
nel primo punto che di te mi dolve.
.
52- Io era tra color che son sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi.


.

 

 

 

55 – Lucerna gli occhi suoi più che la stella;
e cominciammo a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella:
.
58 – “O anima cortese mantovana,
di cui la fama ancor nel mondo dura,
e durerà quanto ‘l mondo lontana,
.
61 – l’amico mio, e non della ventura
nella diserta piaggia è impedito
sì nel cammin, che volt’è per paura;
.
64 – e temo che non sia già si smarrito
ch’io mi sia tardi al soccorso levata,
per quel ch’ i’ ho di lui nel cielo udito.
.
67 – Or movi, e con
e li parenti miei furon lombardi,
mantovani per patria ambedui.
.


70 – Nacqui sub Julio, ancor che fosse tardi,
e vissi a Roma sotto ‘l buono Augusto
al tempo de li dei falsi e bugiardi.
.
73 – Poeta fui e cantai di quel giusto
figliol d’Anchise che venne da Troia,
poi che il superbo Ilion fu combusto.

76 – Ma tu perché ritorni a tanta noia?
perché non sali il dilettoso monte
ch’ è principio e cagion di tutta gioia?»

79 – «Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte
che spandi di parlar si largo fiume?»
rispuos’ io lui con vergognosa fronte.

82 – «O delli altri poeti onore e lume
vagliami ‘l lungo studio e ‘l grande amore
che m’ha fatto cercar lo tuo volume.

85 – «Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore;
tu se’ solo colui da cu’ io tolsi
lo bello stile che m’ha fatto onore.

88 – Vedi la bestia per cu’ io mi volsi:
aiutami da lei famoso saggio,
ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi.

91 – «A te convien tenere altro viaggio»
rispuose poi che lagrimar mi vide,
«se vuo’ campar d’esto loco selvaggio:

94 – che questa  bestia per la qual tu gride,
non  lascia altrui passar per la sua via,
ma tanto lo ‘impedisce che l’uccide;

97 – e ha natura sì selvaggia e ria,
che mai non empie la bramosa voglia,
e dopo ‘l pasto ha più fame che pria.

100 – Molti son li animali a cui s’ammoglia,
e più saranno ancora, infin che ‘l Veltro
verrà, che la farà morir con doglia.

103 – Questi non ciberà terra né peltro
ma sapienza, amore e virtute,
e sua nazion sarà tra feltro e feltro.

106 – Di quella umile Italia fia salute
per cui morì la vergine Camilla,
Eurialo e Turno e Niso di ferute.

109 – Questi la caccerà per ogni villa,
fin che l’avrà rimessa nello ‘ferno,
là onde invidia prima dipartilla.

112 – Ond’io per lo tuo me’ penso e discerno
che tu segui, e io sarò tua guida,
e tattrotti di qui per luogo etterno.

115 – ove udirai le disperate strida,
vedrai li antichi spiriti dolenti,
che la seconda morte ciascun grida;

118 – e vederai color che son contenti
nel fuoco, perché speran di venire,
quando che sia alle beate genti.

121 – Alle qua’ poi se tu vorrai salire,
anima fia a ciò più di me degna:
con lei ti lascerò nel mio partire;

124 – che quello imperador che là su regna,
per ch’io fu’ ribellante alla sua legge,
non vuol che ‘n sua città per me si vegna.

127 – In tutte parti impera e quivi regge;
quivi è la sua città e l’alto seggio:
oh felice colui cu’ ivi elegge!»

130 – E io a lui: «Poeta io ti riecheggio
per quello Dio che tu non conoscesti,
acciò ch’io fugga questo male e peggio,

133 – che tu mi meni là dove or dicesti,
si ch’io veggia la porta di san Pietro
e color cui tu fai cotanto mesti».

136 – Allor si mosse ed io li tenni retro.

 

 
 

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