Niente è per caso – Guya Trekking 2008 – Salemme Manfredi

 

GUYA TREKKING 2008

Il Sentiero Italia

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PREFAZIONE

Iniziare un racconto e narrarne gli eventi e le emozioni, descrivere tutto ciò che ci ha incuriosito e spaventato oltre che emozionato, non è per niente facile. Bisognerebbe essere sempre pronti a fissare, come avviene in una foto ben riuscita… quell’attimo, quella sensazione che in quel preciso momento ci ha colpito.
È quello che cercherò di fare qui, su questa tastiere, nel silenzio delle mie emozioni, fra i ricordi recenti cercando di trasmettere a chi mi leggerà quello che durante il mio viaggio vedrò e percepirò.
Avere ideato questa impresa è stato abbastanza facile, io vivo di fantasie e nella mia vita ho cercato sempre di elaborarle per renderle reali.
Il Guya Trekking nasce ai “Casoni di Suvero” nel 2005 quando, scorgendo un segnavia su un albero sono venuto a conoscenza del percorso denominato “Alta Via dei Monti Liguri”, 440 km, da Ventimiglia a Ceparana, ci ho pensato su, mi sono organizzato, sono partito e… sono arrivato.
Ho avuto molti problemi inerenti alla scarsa conoscenza del tracciato, l’inesperienza, la mancanza di una organizzazione sia tecnica che logistica… ma l’ho fatta.
Io non lascio mai i lavori a metà e pensare di continuare il viaggio è stato un attimo, programmarlo ci ho messo un mese, trovare gli sponsor… È bastato scrivere alle aziende già impegnate in imprese del genere ed ho avuto quasi subito la copertura tecnica dell’impresa.
L’Università di Verona, Facoltà di Scienze Motorie in abbinamento con la SensorMedics, hanno aggiunto un valore scientifico al mio viaggio.
Farò questi trekking per la sensibilizzazione dell’opinione pubblica verso l’ADMO, verso la tipizzazione, procedura indispensabile per il censimento dei possibili donatori o beneficiari della donazione di midollo osseo e delle cellule staminali emopoietiche.
Come precisavo l’organizzazione è stata abbastanza facile, ho trovato degli amici che mi hanno aiutato molto, gli enti Parco, le IAT, le sezioni del CAI sparse su tutto il percorso, privati che si sono messi in contatto per darmi consigli… insomma ho avuto uno staff eterogeneo che ha permesso giorno dopo giorno la realizzazione del progetto che era sulla carta.
Ora tocca a me, fremo come un cavallo del palio davanti al “canapo”, un cavallo della contrada del Montone naturalmente, fremo per il rinvio dal diciannove al ventisette ed infine il giorno undici maggio.
Il giorno undici maggio partirò con lo zaino colmo di roba, venti kg. da portare almeno fino in Abruzzo, poi il peso sarà inferiore per l’abbigliamento più leggero e per la mia forza che sarà, sicuramente aumentata.
Qui, la sera sfogherò tutto: l’atavico odio verso il cuculo che con il suo canto ritmico mi accompagnerà per il cammino, la mancanza di un dialogo, la mancanza di acqua, la stanchezza, un dolore da qualche parte che sicuramente si manifesterà… ma qui spero di raccontare momenti stupendi di serenità, la libertà che finalmente sentirò mia, ogni istante io sarò libero, solo e libero, arbitro di ogni mio gesto, del tempo che saprò gestire per uno scopo solo mio, che tutti potranno vedere e vivere, ma mio nell’essenza vera, nel feeling fra men ed il mio spirito.
Il racconto avviene in maniera diretta da me, da Radio Barrea e da chi ha contribuito con scritti ed e-mail, è il risultato di un copia e incolla dal mio blog e dalla mia posta ad una pagina word, pertanto spesso i narratori si sovrappongono.

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MIA MOGLIE, LISA

“Bella giornata… finalmente, qui in questa casa il bello ed il brutto tempo sono amplificati.
Manfredi, come al solito è assente, è andato ad allenarsi. C’è da dire che, anche quando fisicamente è qui, vive ormai in un suo mondo fatto di collegamenti web, scaricamento di dati da internet, e-mail in arrivo e in partenza, lunghe telefonate, partenze improvvise verso probabili sponsors… Se avesse un’amante sarebbe più presente, almeno con il rimorso.
Invece anche quando è qui… o legge o si connette ad internet oppure ha lo sguardo perso… chissà dov’è.
Siamo insieme da quasi quarant’anni, ormai lo conosco bene, lui vive le sue passioni con un’intensità non comune, guai a dargli consigli, a proporgli un capo d’abbigliamento, una modifica al suo programma.
Sei di aprile 2008, nel primo pomeriggio è tornato da Genova, mi è bastato guardarlo in volto per capire…  parte!
Lo accompagno da Mauro Volpi, il suo amico, uno dei suoi amici veri, quelli che lo coprono, che credono in lui… non che io non gli creda, è che ormai sono abituata alle sue improvvisazioni, alla sua presunzione che può fare tutto, tutto, tutto.
Torno a casa che è notte fonda, faccio fatica a prendere sonno, penso alla pioggia, al freddo sui monti… sono protettiva nei suoi confront, lui lo sa e gli da fastidio, si sente grande… invece, nonostante i suoi quasi 61 anni è ancora un ragazzo del ’68, ribelle. Fantasioso e sognatore, ma è il mio uomo ed io sono felice per lui… ma è bene che non lo sappia.”

 

MAURO, UN MIO CARO AMICO

“Lo sapevo, lo conosco troppo bene, lui non fa mai niente con la programmazione tipica, lui improvvisamente sente che quello che può succedere, deve succedere.

Siamo amici non da tanti anni, abbiamo anche due età che non presupporrebbero una vera amicizia, abbiamo interessi molto diversi, lui è un sognatore, io non sogno. Lui è brillante, allegro e istintivo, io tutto quello che so fare viene dall’esperienza, ma ci capiamo al volo.
È capitato giorno qui da me, ai Casoni di Suvero, dove con la mia famiglia gestisco un ristorante-agriturismo, mi ha fatto delle domande ben precise, voleva delle risposte esatte ed il caso ha voluto che io fossi la persona giusta.
A parte il trekking è un gran ballerino, ha classe ma ha una moglie che lo supera e questo a lui non va, lui non ama essere superato e siccome si balla in due, ha smesso di ballare.
Partirà da qui, dal mio agriturismo, dove è arrivato nel 2005 dopo avere percorso tutta l’Alta Via dei Monti Liguri, è il mito di mio padre Adelmo, ed è anche il mito di tutta la famiglia, lo stiamo aspettando, stasera verrà qui da noi a cenare e a dormire perché domattina inizia la sua avventura: il Guya trekking 2008“.

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Martedì 6 maggio

Ho finito con tutte le incombenze legali inerenti la pratica dell’incidente dell’otto dicembre scorso e allora… parto.
Lisa mi accompagna ai Casoni, ceniamo con la famiglia di Mauro, poi lei torna a casa, io passo la notte a cercare un sonno che non viene, alle cinque e trenta mi alzo, vado a fare colazione con Adelmo, ed alle sette e trenta mi avvio lungo l’Alta Via versi il Passo del Rastello, il sentiero è una carrareccia molto facile con modesti dislivelli. Sul sentiero di collegamento al GEA trovo difficoltà per la scarsezza di segnavia, arrivo in ogni caso a Zum Zeri, scendo lungo una pista di sci, fino al rifugio (deserto), bevo, mangio una barretta al cocco, buonissime le barrette e poi tolgono subito la fame…
Sulla carta il tratto fino al Passo della Cisa sembra breve invece dopo le tredici ore di cammino devo arrendermi alla notte che avanza, monto la tenda in un prato e mi addormento subito, alle sei sono sveglio, dalle sette e ventuno alle sette e trentadue faccio il test della partenza (tutte le mattine devo fare sei minuti di andatura normale).
Il percorso verso la Cisa è bello e vario; foreste di faggi si alternano a crinali con panorami grandiosi.
Lo zaino è troppo pesante, lascio per strada una maglia di lana ed il piumino, faccio continue soste per far riposare le spalle, il sole non mi da fastidio, le barrette mi aiutano molto ma devo bere continuamente e l’acqua è sempre abbondante.
Alle quindici e undici arrivo in un paese Cavezzana d’Antena? metri 586… ho sbagliato sulla Francigena, risalgo fino a Montelungo e faccio sosta all’albergo Appennino. C
eno, dormo e l’indomani prendo lo scuolabus per il passo della Cisa, da dove non potrò più sbagliare.
Direzione Passo del Cerreto.
La partenza da casa è stata straziante, vedere mia figlia Barbara piangere mi ha commosso ulteriormente, già lo ero guardando la mia nipotina Guya che dormiva ignara della mia partenza.
Mio figlio Massimo è un uomo e pur volendogli molto bene non riesco ad avere verso di lui quelle affettuosità che mi sono più naturali con Barbara, ci siamo salutati con un lungo e forte abbraccio, ho sentito il suo amor, è stato come scoprire un sentimento nuovo o la conferma di qualcosa che sempre ho avvertito in lui.
Lisa, mia moglie, ha sempre mille attenzioni verso di me ed io per lei sono un terzo figlio, deve pensare a tutto, prevedere ed organizzare ogni minimo particolare, è stata e sarà sempre la sicurezza nella mia originale vita.
Il viaggio, beh, provare per credere, la natura va oltre la vita, ci sono foreste secolari che nessuno conosce ma che esistono, vivono periodi tremendi a causa della siccità, della troppa pioggia, del fuoco… ma sono sempre li, stupendi attori sul palcoscenico del mondo.
Tempo fa ho letto qualcosa sulle pietre, che vengono dal mare ed al mare ritornano in milioni di anni, che sono eterne, infatti, tutto ciò che facciamo con le pietre può sgretolarsi, una casa, un ponte… tutto può finire, ma loro no, resteranno sempre e solo eterne pietre, non valgono nulla eppure vivono più di noi, e allora è inutile darsi tanta importanza, voler apparire sempre come gli altri ci vorrebbero vedere, cerchiamo di vivere la nostra vita naturalmente, con sincerità e umiltà perché le pietre valgono più di noi.
Ultima considerazione: la determinazione… Ne ho da vendere (e ne sono anche convinto) non ci vuole solo forza, allenamento, rispetto verso chi ha speso e spende risorse per il mio progetto, ci vuole carattere. Quando arrivano le difficoltà, si devono superare in fretta, senza pensare, darsi un obiettivo al giorno, al momento, abbassare la testa, stringere i denti e ripetere una frase qualsiasi per darsi un ritmo. (pa sso de lla ci sa… pa sso de lla ci sa)… improvvisamente la salita che sembrava irraggiungibile finisce in un bellissimo prato o meglio c’è un sedile in pietra dove posso sganciare lo zaino ad altezza di bacino, le soste sono spesso subordinate ad un muretto, al dislivello del terreno.
La vita è fatta di progetti l’esecuzione dei quali spesso richiede giorni, anni, durante i quali a volte i problemi rallentano o addirittura impediscono il felice
esito del progetto stesso.
Il mio progetto è Erice, devo realizzarlo giorno dopo giorno, con la calma e la saggezza che gli anni mi hanno dato, con serietà e attenzione alle risposte del mio corpo.
Ascoltare e comprendere i segnali d’ogni mia parte è molto importante, qui il mio fisico deve funzionare come a casa, in una giornata qualsiasi, nell’orto o leggendo un libro… perché camminare è un gesto naturale che s’impara nel primo anno di vit
a.

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Sabato 10 maggio

L’aurora dipinge di rosa… non era una canzone?
Ebbene dopo una notte di vento, quassù ad oltre 1700 metri, in una tenda confortevole guardo il fuoco fare le braci per il mio primo caffé “on air” che farò con la caffettiera napoletana, lentamente, goccia a goccia, poi dopo il solito test di sei minuti scenderò al passo del Lagastrello per raggiungere il Cerreto Laghi.
leri sono andato forte, lo zaino ora è perfetto, forse quei tre chili in più non erano alla mia portata o forse (senza il forse) sto diventando più forte.
Dire cosa si prova è banale, chi mi leggerà, se mai qualcuno vorrà farlo, non potrà mai comprendere l’essenza di un viaggio così complesso, le motivazioni, i desideri, le emozioni, si accavallano continuamente, passo ore a non pensare, ore a ripetere la stessa frase, sembro matto.
L’energia che ti da la realizzazione di un progetto è alla base della vita, tutti noi davanti ad un lavoro ben fatto proviamo soddisfazione e l’impegno che mettiamo per realizzarlo, anche intriso di difficoltà ci sprona a risolvere i problemi che man mano si verificano, questo non è lavoro ma è vita, passo dopo passo, respiro dopo respiro, ma con il regalo continuo di scenari incredibili.
Ho scattato molte foto, più per ricordare che per mostrare ad altri ciò che ho visto, perché ciò che ho visto io è fissato nella mia memoria attraverso un’emozione che solo avendola vissuta si può rivivere, la foto non rappresenta tutto, è come fotografare una persona che si ama, gli altri non possono vederla con il tuo cuore.
Vado a farmi il caffé… intanto spunta il sole, sono le sei e tutto va bene.
Fatto, buonissimo, c’è voluto il suo tempo, alla napoletana… lo sapete che la doccia è milanese e la vasca da bagno napoletana? Le cose vanno fatte con calma.
Ieri mi sono fatto un caffé turco, al cardamomo, un regalo della mia amica Lina da Madrid, lo faccio durare per tutto il viaggio, per pensare anche a lei
Sempre ieri, ho incontrato due viaggiatori svedesi, facevano la Francigena, li ho fotografati.,
Sul monte Marmagna invece ho incontrato Raffaele Bruno con il suo cane, un lupo cecoslovacco di nome Uros (con l’accento sulla esse), Raffaele è originario d’Agrigento, anzi ha precisato di S. Biagio Platani, mi ha offerto un sorso di grappa, quassù non c’è nessuno ma c’è tutto.

Sono le 7.24, smonto la tenda e mi rimetto in cammino, il vento comincia a rinforzare, il fuoco l’ho spento con la neve.
Il crinale del sentiero E1, chiamato anche doppio zero è entusiasmante, a volte pericoloso, sono passato su creste strette due piedi con strapiombi paurosi, in quei casi ero un bradipo, braccia e gambe con una lentezza fatta d’attenzione e rispetto, il sentiero E1 è sicuramente più diretto, più panoramico ma non per tutti, in particolar modo per me! Gli amici del CAI di Chiavari mi avevano fatto le varianti per evitare i percorsi più difficili… non le ho rispettate, ma da domani farò come hanno programmato loro.


Oggi ho avuto roccia, neve, tanta neve e crinale sempre intorno ai 1800, i nomi dei monti li ho segnati sulle foto, ricordo l’ultimo… Monte Malpasso, arrivarci è stato faticoso, ma quando sono arrivato sulla cima ho gridato per tre volte KI KI KI, SO SO SO, LA GHYAL LO, frase che gridano i tibetani quando arrivano su una vetta, è un ringraziamento agli dei della montagna.
Il percorso odierno è terminato a Rigoso, ho cenato in un ristorante: tagliatelle, roas-beef con patate, insalata verde, formaggio, gelato, una bottiglia di Lambrusco e caffé per 20 euro!

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Martedì 24 maggio

Saluti e abbracci a Nadia e Sergio e via verso Sud, verso una tappa apparentemente facile se non fosse per una stupida distrazione che mi porta inspiegabilmente sul sentiero 34, telefonate a Tamara e Alessandro, quindi dietrofront fino alla partenza di due ore prima e questa volta prendo bene la mira e vado avanti fino ad un capanno di cacciatori molto ben attrezzato, mi fermo, mangio e… riparto senza la macchina fotografica! Me ne accorgo dopo oltre un’ora, lascio lo zaino ben nascosto e torno al capanno.
Quando ritorno  e arrivo allo zaino ho perso altre tre ore!
Arrivo al Passo Muraglione, al bar mi scolo due birre con pane e formaggio, quindi scendo in un prato e monto la tenda, verso le 22 sono nel sacco a pelo e cerco di dormire.

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Mercoledì 25 maggio

Non aspetto l’apertura del bar, faccio il test dei sei minuti al punto otto e via verso il Passo la Calla, stamani vedo benissimo, non ho soste, incontro gente, si sa che durante le feste tutti vanno in montagna, mi presento, dico quello che sto facendo, distribuisce biglietti da visita, incontro un funaiolo e ballerino di liscio: Giuliano Betti di Brrinoro (Forlì), simpatico e cordiale, mi rimette un CD, me lo spedirà a casa, perfetto!
Attraversare le foreste Casentinesi è semplicemente magico, non ho abbastanza aggettivi per descrivere l’emozione che ti fa essere parte di questa natura, i faggi si susseguono come fossero persone che ti aspettano e tu sei felice di essere atteso, guardato, salutato, vorresti abbracciarli tutti, appoggio la fronte sudata in un tronco enorme e lo bacio due volte.
A pochi chilometri da Badia Prataglia incontro Gerard, un ragazzine olandese di almeno due metri, proseguiamo insieme e andiamo nello stesso albergo, il “Giardino”, mangiamo veramente bene, genuino.
La signora Lia, molto simpatica, (non per niente è romagnola) mi racconta del suo cane, praticamente non la smette di raccontarmi tutto quello che questo cagnotto ha combinato, riesco finalmente a chiudere la conversazione perché voglio scrivere queste mie memorie finché sono vive nella mia mente, poi tornerò da lei, perché io amo ascoltare la gente, ma dopo, dopo le mie memorie pleace!
Comunque oggi sono stato fortissimo, ho mainato oltre 35 km in dieci ore, soste e chiacchierate comprese, stasera mi regalerò anche una birra doppio malto e poi a nanna.

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Giovedì 26 maggio

Sicuramente oggi ho avuto una grandissima idea, abbandonare Gerard al suo destino, si, perché io credo molto in me stesso, credo che da solo, senza interventi esterni il mio agire diventa magico ed imprevedibile.
Probabilmente sentivo che qualcosa non andava con questo compagnasti trovato sul sentiero, quel qualcosa non era che l’impossibilità di agire d’istinto Sono così partito lasciandogli un biglietto nello scadentissimo inglese che conosco, ho attraversato Badia Prataglia  suo sentiero GEA fino alla segheria, in quel punto il sentiero indicava di entrare nel bosco per arrivare a Passo Mandrioli, lasciato l’asfalto mi sono finalmente trovato nell’ambiente a me più congeniale; oggi fra gli alberi si stava benissimo, un poco meno allo scoperto, penso che in certi punti abbiamo toccato sicuramente i trenta gradi.
Un susseguirsi di salite e discese, fatte con un buon ritmo fino a Chiusi della Verna, graziosissimo paesino, quasi perfetto, ordinato, pulito, curato nei particolari, abitato da gente cordiale.

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