PURGATORIO – Canto I

Dante e Virgilio, usciti dalla voragine infernale, si trovano sulla spiaggia di un’isola situata nell’emisfero antartico, nella quale si innalza la montagna del purgatorio.
Inizia il secondo momento del viaggio di Dante nell’oltretomba, durante il quale argomento del suo canto sarà la purificazione delle anime prima di salire in paradiso: è necessaria quindi la protezione delle muse, che egli invoca prima che la sua poesia affronti il tema dell’ascesa alla beatitudine eterna.
Oramai si approssima il momento dell’alba e i due pellegrini avanzano in una atmosfera limpida e serena, in cui brillano le luci delle quattro stelle che furono viste solo da Adamo ed Eva prima che venissero scacciati dal paradiso terrestre, che per Dante è situato sulla vetta del monte del purgatorio.
Volgendo lo sguardo verso il polo artico Dante scorge accanto a  sé la figura maestosa di un vecchio: è Catone Uticense, che Dio scelse come custode del purgatorio, poiché egli li crede due dannati fuggiti dall’inferno, Virgilio spiega la loro condizione e prega che venga loro concesso di entrare nel purgatorio, promettendo a Catone di ricordarlo alla moglie Marzia che si trova con Virgilio nel limbo. Ma, risponde il veglio, una legge divina separa definitivamente le anime dell’inferno da quelle ormai salve; del resto non è necessaria nessuna lusinga, dal momento che il viaggio è voluto da una donna del ciel. Infine ordina a Virgilio di cingere Dante con un giunco (simbolo di umiltà) e di detergergli il volto da ogni bruttura infernale. I due pellegrini si avviano verso la spiaggia del mare per compiere i due riti prescritti da Catone.

 

 

 

 

1 – Per correr migliori acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele;
.
4 – e canterò di quel secondo regno    
dove l’umano spirito si purga
e di salire al ciel diventa degno
.
7 – Ma qui la morta poesì resurga,
o sante Muse, poi che vostro sono;
e qui Calliopè alquanto surga,

.10 – seguitando il mio canto con quel suono
di cui le Piche misere sentito
lo colpo tal, che disperar perdono.
.
13 – Dolce color d’oriental zaffiro,
che s’accoglieva nel sereno aspetto
del mezzo, puro insino al primo giro,
.
16 – alli occhi miei ricominciò diletto,
tosto ch’io usci fuor dell’aura morta,
che m’aver contristati li occhi e ‘l petto.
.
19 – Lo bel pianeta che d’amar conforta
faceva tutto rider l’oriente,
velando i Pesci, ch’erano in sua scorta.
.
22 – I’ mi volsi a man destra, e posi mente
all’altro polo, e vidi quattro stelle
non viste mai fuor ch’alla prima gente.
.
25 – Goder pareva il ciel di lor fiammelle:
oh settentrionale vedovo sito,
poi che privato se’ di mirar quelle!
.
28 – Com’io da loro sguardo fui partito,
un poco me volgendo all’altro polo,
la onde il Carro già era sparito,
.
31 – vidi presso di me un veglio solo,
degno di tanta reverenza in vista,
che più non dee a padre alcun figliuolo.
.
34 – Lunga la barba e di quel bel bianco mista
portava, a’ suoi capelli simigliante,
de’ qual cadeva al petto doppia lista.
.
37 – Li raggi delle quattro luci sante
fregiava sì la sua faccia di lume,
ch’i ‘l veda come ‘l sol fosse davante.
.
40 – «Chi siete voi, che contro al cieco fiume
fuggita avete la regione esterna?»
diss’el, movendo quelle oneste piume.
.
43 – «Chi v’ha guidati, o che vi fu lucerna,
uscendo fuor della profonda notte
che sempre nera fa la valle interna?
.
46 – Son le leggi d’abisso così rotte?
o è mutato in ciel novo consiglio,
che, dannati, venite alle mie grotte?»
.
49 – Lo duca mio alloro mi dia di piglio,
e con parole e con mani e con cenni
reverenti mi fe’ le gambe e ‘l ciglio.
.
52- Poscia rispose lui: «Da me non venni:
donna scese dal ciel, per li cui preghi
della mia compagnia costui sovvenni.
.
55 – Ma da ch’è tuo voler che più si spieghi
di nostra condizione com’ell’è vera,
esser non puote il mio che a te si nieghi.
.
58 – Questi non vide mai l’ultima sera;
ma per la sua follia le fu sì presso,
che molto poco tempo a volger era.
.
61 – Sì com’io dissi, fui mandato ad esso
pee lui campare; e non lì era altra via
che questa per la quale i’ mi son messo.
.
64 – Mostrata ho lui tutta la gente ria;
e ora intendo mostrar quelli spirti
che purgan sè sotto la tua balìa.
.
67 – Com’io l’ho tratto, sarìa lungo a dirti;
dell’alto scende virtù che m’aiuta
conducendo a vederti e a udirti.
.
70 – Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando, ch’è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.
.
73 – Tu ‘l sai che non ti fu per lei amara
in Utica la morte, ove lasciasti
la vesta ch’ala gran dì sarà sì chiara.

 

76 – Non son li editti esterni per noi guasti;
ché questi vive, e Minòs me non lega;
ma son del cerchio ove son li occhi cast

79 – di Marzia tua, che ‘n vista ancor ti prega,
o santo petto, che per tua la tegni:
per lo suo amore dunque a noi ti piega.

82 – Lasciane andar per li tuoi sette regni:
grazie riporterò di te a lei,
se d’esser mentovato là giù degni».

85 – «Marzia piacque tanto alli occhi miei,
mentre ch’ i’ fu’ di la» diss’elli allora,
«che quante grazie volse da me, fei.

88 – Or che di là dal mal fiume dimora,
più muover non mi può, per quella legge
che fatta fu quando me n’uscì’ fora.

91 – Ma se donna del ciel ti move e regge,
come tu di’, non c’è mestier lusinghe
bastassi ben che per lei mi richegge.

 

94 – Va dunque, e fa che tu costui ricinghe
d’un giunco schietto e che li lavi ‘l viso,
sì ch’orni sucidume quindi stinge:

97 – che non si converria, l’occhio sorpriso
d’alcuna nebbia, andar dinanzi al primo
ministro ch’è di quei di paradiso.

100 – Questa isoletta intorno ad imo ad imo,
là giù colà dove la batte l’onda,
porta de’ giunchi sovra ‘l molle limo:

103 – nell’altra pianta che facesse fronda
o indurasse, vi puote ave vita,
però ch’allea percosse non seconda.

106 – Poscia non sia di qua vostra reddita;
lo sol vi mostrerà, che sorge omai,
prendere il monte a più lieve salita».

109 – Così sparì; e io su mi levai
senza parlare, e tutto mi ritrassi
al duca mio, e li occhi a lui drizzai.

 

112 – Così sparì; e io su mi levai
senza parlare, e tutto mi ritrassi
al duca mio, e li occhi a lui drizzai.

115 – L’alba vinceva l’ira mattutina
che fuggìa innanzi si che di lontano
conobbi il tremolar della marina.

118 – Noi andavam per lo solino piano
com’om che torna alla perduta strada,
che ‘fino ad essa li pare ire invano.

121 – Quando noi fummo là ‘ve la rugiada
pugna col sole, e, per essere in parte
dove adorezza, poco si dirada.

 
 

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